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LA NUOVA DISCIPLINA DEL DEPOSITO TELEMATICO DEGLI ATTI PENALI, DOPO IL D.M. 217 2023

2024-02-08 18:38

Avv. Mattia Serpotta

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LA NUOVA DISCIPLINA DEL DEPOSITO TELEMATICO DEGLI ATTI PENALI, DOPO IL D.M. 217 2023

La nuova disciplina del deposito telematico degli atti penali, dopo la pubblicazione del D.M. 217 del 2023: schema riassuntivo e problemi interpretativi.

1. Premessa 

 

L’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022 prevedeva l’emanazione, entro il 31.12.23, di un Decreto del Ministro della Giustizia, che doveva testualmente avere ad oggetto:

  1. le “regole tecniche” riguardanti il deposito con “modalità telematiche degli atti del procedimento penale (comma 1);
  2. l’individuazione degli “uffici giudiziari e delle tipologie di atti” per cui possano essere adottate anche “modalità non telematiche” di deposito, nonché dei “termini di transizione” al “nuovo” regime di deposito (comma 3).

Il Decreto era dunque legittimato da una norma di rango primario anche a rinviare – individuando, come vedremo, “gli uffici e gli atti” interessati – il “nuovo regime di deposito” di cui all’art. 111 bis c.p.p. 

Tale norma è stata introdotta dalla c.d. Riforma Cartabia e prevede la “esclusività” della “modalità telematica”, salve le eccezioni di cui ai commi 3 e 4: 

1. In ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici.

3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli atti e ai documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica.

4. Gli atti che le parti compiono personalmente possono essere depositati anche con modalità non telematiche.

 

L’art. 111 bis c.p.p. è una di quelle norme della riforma non entrate da subito in vigore.

I commi 4 e 5 dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022 rinviano infatti l’applicazione di alcune disposizioni del codice di rito, così come modificate o introdotte ex novo[1], fra cui appunto l’art. 111 bis c.p.p., al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, oppure al diverso termine di transizione al nuovo regime di deposito eventualmente previsto dal regolamento di cui al comma 3 “per gli uffici e gli atti ivi espressamente richiamati”. 

Come meglio si vedrà più avanti, l’art. 3 del D.M. 29.12.23 n. 217, pur con una discutibile e non sempre coerente tecnica di redazione normativa, ha quindi espressamente disciplinato:

  • ipotesi di deposito telematico esclusivo al portale, in vigore a partire dal 14.1.2024;
  • ipotesi di deposito telematico facoltativo, e quindi alternative alla modalità cartacea e alla PEC, con un regime di transizione in vigore dal 14.1.2024 fino al 31.12.24;
  • ipotesi di preclusione all’uso del portale, per le quali è logicamente necessaria la modalità di deposito cartacea o a mezzo PEC, in continuità normativa con le precedenti disposizioni e con un regime di transizione in vigore fino alle scadenze di cui al prossimo punto;
  • le scadenze temporali decorse le quali si passerà al regime di esclusività del deposito al portale in tutti i vari uffici giudiziari. 

 

2. L’abrogazione dei D.M. 4 luglio 2023 e 18 luglio 2023

 

L’art. 4 del D.M. 29.12.23 ha espressamente abrogato i Decreti del Ministero della giustizia del 4 luglio 2023 – cioè quello che aveva previsto l’obbligatorietà del deposito al portale dei meglio noti “103 atti” – e quello del 18 luglio 2023 che ne aveva poi sancito la facoltatività, in alternativa al modello cartaceo.

Ciò significa che l’individuazione degli atti, degli uffici giudiziari e delle modalità di deposito è oggi integralmente rimessa al D.M. 29.12.2023, salve alcune criticità interpretative in ordine all’eventuale sopravvivenza di alcune disposizioni degli art. 87 e 87 bis del D. Lgs. 150 del 2022, su cui si tornerà più avanti. 

 

3. La definizione di “modalità telematica” e di portale

 

L’art. 111 bis c.p.p. e tutte le altre norme introdotte dalla Riforma Cartabia non danno una definizione di “modalità telematica”, non individuano cioè quale sia il “mezzo” – portale o PEC – attraverso il quale avviene la trasmissione e il deposito del documento informatico.

Il D.M. 29.12.23 ha invece modificato il Regolamento n. 44 del 2011, introducendo l’art. 13 bis:

 

«Art. 13 bis (Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni nel procedimento penale).

 — 1. Nel procedimento penale, gli atti e i documenti in forma di documento informatico di cui agli articoli 11 e 12 sono trasmessi da parte dei soggetti abilitati esterni attraverso la procedura prevista dal portale dei depositi telematici […] previa autenticazione del soggetto depositante, secondo le specifiche tecniche previste dall’articolo 34.

2. Gli atti e i documenti di cui al comma 1, si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente, senza l’intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di anomalie bloccanti».

 

È stato poi introdotto l’art. 7 bis, con il quale si è data una definizione del portale dei depositi telematici:

 «Art. 7 -bis (Portale dei depositi telematici e delle notizie di reato). 

— 1. Il portale dei depositi telematici consente la trasmissione in via telematica da parte dei soggetti abilitati esterni degli atti e dei documenti del procedimento […].

3. L’accesso ai portali di cui ai commi 1 […] avviene a norma dell’articolo 64 del codice dell’amministrazione digitale e secondo le specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34». 

 

Sul piano della disciplina e delle definizioni, il Decreto individua dunque il portale come unico mezzo di trasmissione e deposito telematico degli atti del procedimento penale, salvo quanto si dirà più avanti in ordine all’uso delle PEC. 

 

4. I casi di deposito al portale obbligatorio

 

I commi 1, 2 e 8 dell’art. 3 del D.M. 29.12.23 individuano per “fase” e non più con una elencazione tassativa degli atti, i casi in cui, già a partire dal 14.1.24, il deposito dovrà avvenire con “le modalità telematiche di cui all’art. 111 bis c.p.p.”, dunque in modo “esclusivo” e obbligatorio: 

  1. atti della “fase delle indagini preliminari e dei procedimenti di archiviazione di cui agli articoli 408, 409, 410, 411 e 415 del codice di procedura penale e di riapertura delle indagini di cui all’articolo 414 del codice di procedura penale”, con la sola esclusione degli atti dei “procedimenti relativi all’impugnazione dei provvedimenti in materia di misura cautelare o in materia di sequestro probatorio emessi durante la fase delle indagini preliminari”. Per quest’ultimi, il deposito al portale è invece facoltativo, potendosi altresì ricorrere al cartaceo e, con i dubbi interpretativi che meglio vedremo, alla PEC
  2. la nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato indicate dall’articolo 107 del codice di procedura penale, in qualsiasi fase processuale, purché destinata ai seguenti Uffici giudiziari:

– Corte di appello;

– Tribunale ordinario (compreso G.I.P. e G.U.P);

– Giudice di pace;

– Procura generale presso la Corte di Appello;

– Procura della Repubblica presso il Tribunale;

– Procura europea.

 

Solo rispetto a tale categoria di atti, stando al chiaro disposto di cui al comma 5 dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022, non essendo stato previsto “alcun termine di transizione” e di rinvio del deposito esclusivo con modalità telematica, l’art. 111 bis c.p.p. dovrebbe ritenersi applicabile a partire dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione del D.M. (14.1.24) e, con esso, le deroghe di cui ai commi 3 e 4.

Ciò significa che per questi atti, il deposito con modalità non telematiche dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere consentito in caso di “atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica” e per gli “atti che le parti compiono personalmente”.

 

5. I casi di deposito al portale facoltativo

 

I commi 2 e 8 dell’art. 3 del D.M. 29.12.23 introducono una disciplina transitoria, dal 14.1.24 al 31.12.24, per la quale l’uso del portale è semplicemente facoltativo, quindi non esclusivo ma alternativo al cartaceo e, pur con le riserve che più avanti si vedranno, alla PEC. 

Il criterio di selezione non è ancora una volta l’elencazione degli atti, né la fase processuale, bensì l’ufficio di destinazione.

La regola generale è che si può depositare al portale qualsiasi atto – diverso da quelli visti al paragrafo 4 per cui l’uso del portale è obbligatorio – a condizione che sia destinato agli uffici giudiziari indicati al comma 2[2]: 

– Corte di appello; 

– Tribunale ordinario (compreso G.I.P. e G.U.P); 

– Giudice di pace; 

– Procura generale presso la Corte di appello;

– Procura della Repubblica presso il tribunale; 

– Procura europea.

Il deposito al portale è ancora possibile e non obbligatorio, come già visto nel paragrafo 4, anche per gli atti dei “procedimenti relativi all’impugnazione dei provvedimenti in materia di misura cautelare o in materia di sequestro probatorio emessi durante la fase delle indagini preliminari”.

 

6. I casi in cui non è consentito il deposito al portale

 

Il comma 3 individua i casi in cui il portale non è ancora utilizzabile:

a) se l’atto è destinato a uffici diversi da quelli indicati al comma 2 e quindi a:

– Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;

– Tribunale per i minorenni;

– Tribunale di sorveglianza (quindi anche il Magistrato di Sorveglianza);

– Corte di cassazione.

– Procura Generale presso la Corte di Cassazione;

b) per gli atti relativi alle fasi disciplinate dai libri X (esecuzione) e XI (rapporti giurisdizionali con le autorità straniere) del codice di procedura penale;

c) per gli atti che i riguardano i “procedimenti in materia di misure di prevenzione”.

 

Per gli atti per cui l’uso del portale non è ancora oggi consentito, l’unica via possibile sembra essere il deposito cartaceo, secondo le regole generali previste dal codice di rito, e la PEC, secondo la disciplina dell’art. 87 bis D. Lgs. 150 del 2022, limitatamente a questo punto, come si vedrà, da ritenersi ancora vigente. 

 

7. Deposito cartaceo

 

Come visto, il comma 8 prevede espressamente che il deposito cartaceo sia la modalità alternativa consentita in tutti i casi in cui l’uso del portale non è previsto come obbligatorio, ma facoltativo, oltre che nei casi in cui l’uso del portale non è ancora possibile. 

 

8. Deposito a mezzo PEC

 

Il comma 8 stabilisce che è consentito, “il deposito mediante posta elettronica certificata come disciplinato dall’articolo 87 bis per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche”. Sono dunque gli stessi casi di cui al paragrafo 7. 

Sul punto, si tornerà più avanti. 

 

9. Problemi interpretativi e applicativi

 

9.1. Specifiche tecniche degli atti

 

L’art. 13 bis del Regolamento n. 44 del 2011 prevede che il deposito avvenga secondo le specifiche tecniche indicate dall’art. 34 dello stesso Regolamento.

Il comma 3 dell’art. 34 è stato modificato dal Decreto del 29.12.2023, nel senso che «Fino all’emanazione delle nuove specifiche tecniche, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le specifiche tecniche vigenti, già adottate dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.»

Per quanto riguarda il portale, dunque, devono ritenersi ancora vigenti le specifiche tecniche indicate da ultimo dal Provvedimento del D.G.S.I.A. dell’11.7. 2023.

In data 4.1.2024, sul sito del P.S.T., è stata pubblicata una “bozza” di regolamento delle nuove specifiche tecniche, da sottoporre al parere del Garante per la protezione dei dati personali e dell’Agenzia per l’Italia digitale.

Ad una prima lettura, non si segnalano novità particolarmente significative

Secondo l’art. 14, “l’atto del procedimento civile o penale in forma di documento informatico, da depositare telematicamente nell’ufficio giudiziario” dovrà rispettare i soliti requisiti:

a) è in formato PDF o PDF/A;

b) è privo di elementi attivi;

c) è ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;

d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna.

Quanto ai documenti informatici “allegati”, compresa la “procura alle liti rilasciata su supporto analogico”, l’art. 15 prevede che la trasmissione sia consentita nei seguenti formati:

a) documenti impaginati - PDF o PDF/A (.pdf), con dimensioni cm 21,00 per 29,70 (formato A4), Rich-Text Format (.rtf).

b) Immagini raster - JPEG (.jpg, .jpeg), TIFF (.tif, .tiff), GIF (.gif).

c) Video - formati video delle famiglie MPEG2 e MPEG4 (.mp4, .m4v, .mov, .mpg, .mpeg), AVI (.avi).

d) Suono: MP3 (.mp3), FLAC (.flac), audio RAW (.raw), Waveform Audio File Format (.wav), AIFF (.aiff, .aif).

e) Testo - TXT (.txt).

f) Ipertesto – XML Extended markup language (.xml).

g) Posta elettronica - eml (.eml), purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti (a-f)

h) Posta elettronica - .msg, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere da a) a g).

i) Formato compresso: è consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati previsti alle lettere precedenti: .zip, .rar, .arj.

Gli allegati sono sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata soltanto nei casi previsti dalla legge.

La disposizione riproduce quella già prevista dal provvedimento del D.G.S.I.A. dell’11.7.2023 e in particolare il principio per cui, in assenza di previsioni normative espresse, da ritenersi pertanto tassative, i documenti allegati al P.P.T. non dovranno essere firmati digitalmente.

 

9.2. Gli atti indicati dal comma 6 bis dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022

 

L’art. 87, comma 6 bis, stabilisce espressamente che la disciplina di deposito vi prevista per alcune categorie di atti – denuncia, querela, opposizione alla richiesta di archiviazione, etc. – cessi di avere efficacia secondo la scansione temporale sopra più volte menzionata: decorsi quindici giorni dalla pubblicazione del regolamento di cui al comma 1 e 3 o, se previsto, alla scadenza del termine di transizione indicato da quest’ultimo per determinati “uffici o atti”.

Poiché per nessuno degli atti indicati dal comma 6 bis il D.M. 29.12.2023 ha stabilito un rinvio del regime di esclusività del deposito obbligatorio al portale, anzi espressamente ribadito dall’art. 3, rispetto a questi atti la disciplina dell’art. 87 cessa di avere efficacia a partire dal 14.1.2024.

 

9.2.1. La denuncia e la querela depositate dall'avvocato

 

A differenza di quanto previsto in precedenza, prima dal comma 6 bis dell’art. 87 e poi dal D.M. 4 luglio 2023, il D.M. 29.12.23 non fa più riferimento alla denuncia, alla querela e men che meno alla “relativa” procura speciale. 

A stretto rigore, la denuncia e la querela precedono l’avvio della “fase” delle indagini preliminari e quindi il deposito è ad essa estraneo. Se è corretta questa interpretazione, seguendo la regola generale, tali atti non rientrano tra quelli che devono essere obbligatoriamente depositati al portale, ma solo facoltativamente, e quindi in alternativa alla modalità cartacea, in quanto destinati alla Procura della Repubblica.

Considerando invece che la denuncia e la querela sono comunque collocati nel Libro V del codice di rito, relativo appunto alla fase delle “indagini preliminari”, e che certamente ne rappresentano l’atto di impulso, diventandone parte integrante, dovrebbe essere più corretta l’interpretazione per la quale, al di là della svista terminologica in cui è incorso il Decreto, essi sono “atti della fase” e quindi rientrano tra quelli che obbligatoriamente devono essere depositati al portale.

D'altra parte, il codice di rito conosce anche atti delle indagini preliminari che precedono la stessa proposizione della querela, quali quelli indicati dall'art. 346 c.p.p. 

Seguendo entrambe le interpretazioni, il deposito della denuncia e della querela è in ogni caso sempre ammissibile al portale e ciò sia nell’ipotesi in cui il difensore sia nominato procuratore speciale, ex art. 122 e 336 c.p.p., sia nel caso in cui sia meramente incaricato al deposito ex art. 337 c.p.p.: l'art. 3 del D.M. 217 del 2023 parla infatti di “deposito da parte dei difensori”, senza distinguere dunque l'ipotesi in cui l'atto sia compiuto personalmente dall'avvocato da quella in cui egli sia un mero delegato dell'assistito.

Rimane invece ferma la possibilità di deposito cartaceo in Procura, ex art. 111 bis comma 3 c.p.p., quando lo richiede la natura dell'atto, che non può essere acquisito in formato informatico: es. un'aerofotogrammetria, un audio che supera il numero di MB consentiti.

Il difensore potrà invece sempre depositare l'atto in formato cartaceo, secondo la regola generale di cui agli art. 333 e 336 c.p.p., a qualsiasi Ufficiale di Polizia Giudiziaria.

Gli artt. 111 bis c.p.p. e 3 del D.M. 217 del 2023 disciplinano infatti soltanto il deposito telematico del difensore diretto all'Ufficio della Procura della Repubblica.

 

9.2.1. La denuncia e la querela depositate dal privato

 

Per la denuncia e la querela, l'unica possibilità di accesso alla giustizia per il privato sembra essere il deposito con modalità cartacea all'Ufficiale di Polizia Giudiziaria, secondo la regola generale di cui agli artt. 333 e 336 c.p.p.

Ad oggi, infatti, l'unica eccezione al deposito telematico degli atti penali nei casi in cui l'uso del portale è obbligatorio - come per gli atti della fase delle indagini preliminari - é prevista dal comma 4 dell'articolo 111 bis c.p.p.

Solo la “parte” che compia l'atto personalmente può infatti depositarlo con modalità non telematica. 

La norma non sembra quindi consentire alla persona offesa, che parte non è, il deposito in Procura, tra gli altri, della querela, come pure dell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione.

Analogo ragionamento va fatto per il comune cittadino nel caso di denuncia.

A conforto della correttezza di questa interpretazione, si segnala lo “schema di decreto legislativo contenente disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. n. 150/2022”, con il quale si propone di modificare anche l’art. 111 bis c.p.p., aggiungendo, dopo le parole “le parti”, la frase “e la persona offesa dal reato”.

Si legge ancora nella relazione di accompagnamento:

Il concetto di “parte”, come noto, non comprende – tecnicamente – la persona offesa, che diviene parte solo ove si costituisca parte civile. La regola che consente alle parti personalmente di depositare gli atti in modalità analogica, in deroga alla regola del deposito telematico obbligatorio, è volta a non gravare di oneri inesigibili categorie di soggetti che potrebbero non avere neppure le abilità tecniche (oltre che gli strumenti necessari) per il deposito telematico. La mancata indicazione della parte offesa si risolve in una ingiustificata disparità di trattamento, tenuto conto che spesso nel corso delle indagini preliminari, ma non solo, la parte offesa deposita memorie a sua firma, anche senza la mediazione di un difensore”.

 

9.3. Il deposito a mezzo PEC

 

Il comma 6 ter dell’art. 87 prevede testualmente che, con uno o più decreti del Ministro della giustizia, “sono individuati gli ulteriori atti per i quali è consentito il deposito telematico con le modalità di cui al comma 6 bis”, cioè al portale

Il comma 6 quinquies prevede ancora che “per gli atti individuati ai sensi del comma 6 ter, l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge”.

L’art. 87 bis, nel disciplinare le modalità di deposito a mezzo PEC, ribadisce ancora una volta che ciò è consentito a condizione che si tratti di atti “diversi” da quelli individuati ai sensi del comma 6 ter dell’art. 87.

Dopo l’emanazione dei Decreti Ministeriali e la “circolare interpretativa” del luglio 2023, come noto, si era ritenuto che, stante quanto previsto chiaramente dagli art. 87 e 87 bis, norme di rango primario, la PEC non potesse essere utilizzata per tutti gli atti per i quali gli stessi Decreti ministeriali, norma di rango secondario, avevano previsto l’uso del portale.

Dopo l’abrogazione dei provvedimenti di luglio, il D.M. 29.12.23 ha però, nuovamente, selezionato – per fasi o per ufficio – gli atti destinati al portale. Ha poi previsto che la PEC sia utilizzabile nei casi in cui è consentito il deposito cartaceo, casi che però a loro volta si sovrappongono, salve alcune eccezioni, a quelli per i quali il deposito al portale è “consentito”, seppur non obbligatoriamente: questa è dunque testualmente la stessa ipotesi disciplinata dai commi 6 ter e quinquies dell’art. 87 e dall’art. 87 bis.

È necessario quindi chiedersi se la loro efficacia, soprattutto nella parte in cui precludono l’uso della PEC, sopravviva o meno all’emanazione del D.M. 29.12.2023.

Preliminarmente, deve osservarsi che la vigenza dei commi 6 ter e quinquies dell’art. 87, a differenza degli altri commi, non è testualmente ancorata all’emanazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, o al diverso termine di transizione ivi previsto, lasciandosi così chiaramente intendere che sopravvivano anche al D.M. 29.12.2023.

Inconferente, in senso contrario, sembra quindi il generico richiamo alla natura di “norme transitorie”, stante l'assenza della previsione di un limite temporale che definisca la loro “transitorietà”. 

Il comma 6 ter, in altri termini, prevedendo la possibilità che uno o più decreti del Ministro della Giustizia individuino gli atti depositabili al portale, non contiene alcun limite temporale entro quando gli stessi possano essere emanati, nè tale limite è possibile ricavarlo aliunde, di tal che non si può circoscrivere, come qualcuno sostiene, la legittimazione del potere governativo al solo periodo antecedente la pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87. 

Coerente con questa interpretazione è ancora la circostanza che lo stesso art. 87 bis del D. Lgs. 150 del 2022, anche nella parte preclusiva all’uso della PEC, si applica testualmente “sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3” dell’art. 87 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati. 

Poiché per gli atti destinati in via facoltativa al portale il D.M. ha proprio previsto un termine di transizione fino al 31.12.2024, così rimandando il passaggio al “deposito telematico esclusivo”, rispetto a tale categoria anche l’art. 87 bis, al pari dei commi 6 ter e quinquies dell’art. 87, dovrebbe ritenersi a rigore vigente dopo il 14.1.24. 

Ma vi è di più.

Come già visto al paragrafo 1, il D.M. 217 del 2023 doveva prevedere solo le “regole tecniche” del deposito telematico, gli “uffici giudiziari e le tipologie di atti” per cui possano essere adottate anche “modalità non telematiche” di deposito, nonché “i termini di transizione” al nuovo regime di deposito.

Stando alla lettera della norma, il regolamento non poteva quindi disciplinare i casi in cui è consentito o meno l’uso della PEC, né ritenersi in tal senso “autorizzato” o “legittimato” da una norma di rango superiore.

Anche a ragionare diversamente, e interpretando il concetto di “regole tecniche” in via estensiva, cioè nel senso di comprendere anche l’individuazione del “mezzo” di trasmissione dell’atto, dunque la scelta tra il portale e la PEC, il D.M., con l’introduzione dell’art. 13 bis del D.M. 44 del 2011, ha chiaramente indicato il portale quale unico mezzo di deposito dell’atto del procedimento penale.

Non sembra infine corretto ritenere, come qualcuno sostiene, che la PEC sia assimilabile alle modalità di deposito “non telematiche”. Al di là del dato terminologico, depone contro tale interpretazione proprio l'ultima parte del comma 8 dell'art. 3 del D.M. 217 del 2023, che distingue espressamente il “deposito non telematico” da quello a mezzo “PEC”.

Se è corretta questa interpretazione, l’uso della PEC allora è certamente consentito, ex art. 87 bis, soltanto nei casi in cui il deposito di un atto non può avvenire al portale, così come descritti al paragrafo 6, ma non in tutti gli altri casi indicati dal D.M. 29.12.2023 in cui l’atto è comunque destinato, obbligatoriamente o facoltativamente, al portale.

Appare quindi più prudente non procedere al deposito attraverso la posta elettronica certificata al fine di scongiurare anche il minimo rischio di censura di inefficacia. 

Accedendo all'interpretazione opposta, la PEC potrà invece essere utilizzata, secondo la disciplina di cui all’art. 87 bis richiamata dall’art. 8 del D.M. 29.12.23, anche in tutti i casi in cui è possibile il deposito con modalità non telematiche, ivi comprese dunque le impugnazioni.

In questo caso, la norma regolamentare avrebbe l'effetto di far “rivivere” anche le cause di inammissibilità espressamente previste dall’art. 87 bis.

 

9.4 Il regime delle impugnazioni

 

Il regime transitorio delle impugnazioni dovrebbe essere il seguente:

– tutte le parti processuali possono depositare l’atto in forma di documento analogico (cioè in cartaceo) nella cancelleria dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 582, primo comma, c.p.p. nella formulazione precedente alle modifiche introdotte dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150[3]

– i difensori possono, in via alternativa rispetto al deposito dell’atto in forma di documento analogico presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, avvalersi della possibilità di depositare l’atto di impugnazione a mezzo portale o, con le riserve già espresse, a mezzo PEC;

– per il deposito delle impugnazioni fuori sede, con la sola eccezione del decreto penale di condanna, per il quale c’è una norma espressa, rimane solo la possibilità del deposito al portale e, con le riserve già espresse, a mezzo PEC.

Va da ultimo aggiunto che, con Decreto legge del 30.12.2023, è stata prorogata la vigenza della disciplina emergenziale in tema di impugnazione, ex art. 94 del D. Lgs. 150 del 2022. 

Le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23 bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7 del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 si applicano alle impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024.

 

9.5. Il deposito in udienza

 

Per gli atti per i quali il portale è individuato come unica modalità di deposito va da sé che sia sempre consentito il deposito in udienza secondo le modalità ordinarie previste dal codice di procedura penale: si pensi, ad esempio, al deposito della nomina del difensore. 

Al di là delle deroghe di cui all’art. 111 bis c.p.p., laddove la norma fosse ritenuta per questi atti in vigore dal 14.1.24, lo dice testualmente anche l’art. 2 del provvedimento del DGSIA dell’11.7.2023, ancora vigente, laddove si ribadisce che “Il presente provvedimento contiene le disposizioni relative al deposito con modalità telematica, al di fuori del contesto dell’udienza”.

 

9.6 La “validazione dell’atto” depositato al portale

 

L’art. 13 bis del regolamento n. 44 del 2011, prevede testualmente che “gli atti e i documenti di cui al comma 1, si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente, senza l’intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di anomalie bloccanti”.

Nel ribadire la regola per la quale il deposito si ha per effettuato nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione, e non nel diverso momento in cui lo stesso viene “accolto”, si introduce il principio per il quale non è ammissibile l’intervento dei funzionari di cancelleria ai fini della “validazione” del deposito, salvo che ricorrano "anomalie bloccanti”.

L'unica ipotesi di rigetto potrà pertanto essere quella in cui non si registri “coincidenza” tra i dati inseriti dal difensore e quelli presenti al sistema, dovendo in tutti gli altri casi il funzionare procedere all'accettazione.

 

9.7 Il malfunzionamento del portale

 

Negli ultimi quattro anni, almeno una volta nella propria vita, ogni avvocato penalista ha personalmente sperimentato l’impossibilità di depositare un atto al portale.

Ci si riferisce genericamente ai casi in cui, al di fuori del “malfunzionamento” in senso stretto, cioè l’interruzione del sistema attestata e comunicata in anticipo dal D.G.S.I.A., senza un’apparente e comprensibile ragione, il sito non sia temporaneamente raggiungibile o accessibile all’utente oppure anche la mera trasmissione dell’atto non vada a buon fine e, con essa, preclusa l’attestazione dell’avvenuto deposito.

Il problema, fino a pochi giorni fa, rimaneva confinato ai pochi atti per i quali l’uso del portale era obbligatorio, tassativamente individuati dal comma 6 bis dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022 e istituzionalmente destinati alla sola Procura della Repubblica: dichiarazione di nomina, revoca e rinuncia del difensore, atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, denuncia, querela, richieste ex art. 415 bis c.p.p., etc.

In tutti questi casi, l’esperienza quadriennale ci ha consegnato prassi consolidate in tutti gli Uffici giudiziari, spesso avallate da “direttive” del Procuratore della Repubblica, se non anche da protocolli di intesa con l’Avvocatura distrettuale, in cui l’atto veniva comunque depositato e “accettato” in formato cartaceo o, addirittura, a mezzo PEC, purché accompagnato dalla prova fornita dal difensore, spesso artigianale come lo “screenshot” della schermata del monitor del PC, della “impossibilità” di utilizzare il portale.

Il problema si ripropone oggi, ma con dimensioni più gravose, all’esito dell’entrata in vigore del D.M. 217 del 2023.

Come noto, il regolamento ha ampliato il novero degli atti, e conseguentemente degli Uffici di destinazione, per i quali il deposito al portale è diventato esclusivo: tutti gli atti della fase delle indagini preliminari, pur con le eccezioni dei procedimenti in materia cautelare, nonché la dichiarazione di nomina, revoca e rinuncia del difensore depositata in qualsiasi fase processuale, con l’eccezione degli Uffici, individuati dallo stesso D.M., per i quali l’uso del portale non è ancora tecnicamente possibile. 

Come verrà adesso gestito dal difensore, ma soprattutto dalle Procure e dall’Ufficio G.I.P., per gli atti delle indagini preliminari, e dagli altri Uffici giudiziari, per le dichiarazioni di nomina, revoca e rinuncia, il deposito di un atto obbligatoriamente destinato al portale, quando il sistema “improvvisamente” non funzionerà?

Ipotizziamo il caso, neanche troppo di scuola, dell’Avvocato Tizio, il quale, alle ore 20,30 dell’ultimo giorno utile per il deposito di un atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, non riesca ad accedere al portale perché il sito non è raggiungibile. 

L’art. 175 bis c.p.p. ‒ norma certamente entrata in vigore il 14.1.2024, ai sensi del comma 5 dell’art. 87 del D. Lgs. 150 del 2022, per tutti gli atti per i quali il deposito telematico è diventato esclusivo e per i quali, dunque, non è stato previsto alcun “periodo di transizione” ‒ non è invocabile nel nostro caso. 

La norma disciplina infatti soltanto le ipotesi di malfunzionamento ‒ si passi il termine ‒ “prevedibile e previsto”, presupponendo infatti che lo stesso sia anticipatamente e per tempo “attestato” e “comunicato” dal D.G.S.I.A. o dal Dirigente dell’Ufficio giudiziario. 

La soluzione adottata dal legislatore è in ogni caso quella di autorizzare, fino all’avvenuto ripristino del sistema, solo modalità “non telematiche” di deposito e, nel caso di scadenza di termini previsti a pena di decadenza, l’applicazione dell’istituto della restituzione nei termini, ex art. 175 c.p.p. 

La norma non è certamente applicabile, quindi, al malfunzionamento ‘improvviso’, cioè non attestato e comunicato per tempo dal D.G.S.I.A. o dal Dirigente dell’ufficio, e soprattutto non autorizza, quindi logicamente preclude, l’uso alternativo della posta elettronica certificata.

Potrebbe al contrario invocarsi il comma 6 quater dell’articolo 87, norma la cui vigenza sopravvive certamente al D.M. 217 del 2023, non essendo testualmente ancorata alla pubblicazione del regolamento.

Secondo la prima parte della predetta disposizione, ancora una volta, se il malfunzionamento è certificato anticipatamente dal D.G.S.I.A., il termine di deposito in scadenza sarà “prorogato” di diritto fino all’effettivo ripristino del sistema. Nulla si dice, invece, in ordine alla possibilità di depositare ugualmente l’atto con modalità alternative, e men che meno attraverso l’uso della PEC. 

L’ultimo periodo della norma, tuttavia, legittima l’Autorità giudiziaria ad “autorizzare” il deposito dell’atto in formato cartaceo, se ricorrono “ragioni specifiche”. 

Esclusa ancora una volta testualmente la possibilità che l’Autorità giudiziaria legittimi l’uso della PEC, la disposizione sembra attribuire ampi margini ai Dirigenti degli Uffici giudiziari, affinchè adottino provvedimenti, anche di carattere generale e preventivo, che autorizzino il deposito cartaceo anche nel caso di malfunzionamento improvviso del portale, dunque non attestato e comunicato preventivamente.

Nel nostro caso, l’uso della PEC non appare invece legittimato dall’art. 87 bis del D. lgs 150 del 2022 e ciò per tre ordini di ragioni: 

A) ai sensi del comma 1, per i casi in cui il deposito telematico è esclusivo, come nell’ipotesi di cui si discute, la norma ha testualmente cessato la sua efficacia con il decorso dei 15 giorni dalla pubblicazione del D.M. 217 del 2023; 

B) il richiamo operato dall’art. 3, comma 8, del D.M. 217 del 2023 alla disciplina dell’art. 87 bis riguarda l’ipotesi in cui il deposito cartaceo sia alternativo a quello al portale, con esclusione dunque di quelle in cui l’uso del portale è obbligatorio; 

C) il comma 6 quinquies dell’articolo 87 e lo stesso articolo 87 bis precludono comunque l’uso della PEC in tutti i casi in cui l’atto da depositare rientri tra quelli per il quale, ai sensi del comma 6 ter dell’articolo 87, un Decreto Ministeriale ‒ dunque anche successivo a quelli abrogati del luglio del 2023, ivi compreso il D.M. 217 del 2023 ‒ abbia espressamente previsto l’uso del portale.   

Il comma 4 dell’art. 111 bis c.p.p., norma anche questa da ritenersi in vigore a partire dal 14.1.2024, fa semmai salva la possibilità per le “parti” di depositare con modalità cartacea gli atti che “compiono personalmente”. 

Tornando ora al nostro Avvocato Tizio, alle ore 20.30 dell’ultimo giorno utile di deposito dell’atto di opposizione, di fronte al malfunzionamento improvviso del portale:

‒ non potrà certamente ricorrere alla PEC, quandanche autorizzato dal Presidente della Repubblica in persona;

‒ troverà le cancellerie chiuse e non potrà depositare l’atto in forma analogica;  

‒ non potrà invocare l’art. 175 bis c.p.p. e, neanche, la disciplina generale di cui all’art. 175 c.p.p., in quest’ultimo caso quantomeno per quegli atti, come l’opposizione alla richiesta di archiviazione, per i quali il termine non è previsto a pena di decadenza. 

 

9.8 Modalità di deposito del mandato a impugnare

 

L’art. 581 c.p.p., comma 1 quater, prevede che, nel caso di gravame avverso la sentenza emessa nei confronti dell’imputato rimasto assente, il difensore “depositi”, a pena di inammissibilità, uno specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la pronuncia del provvedimento. 

La lettura congiunta dell’art. 581 c.p.p., comma 1 quater, e dell’art. 3, comma 8, del D.M. 217 2023, solleva tuttavia un dubbio interpretativo sulla natura del “mandato a impugnare”, e in particolare se la stessa rientri, e a quali condizioni, nella categoria delle “dichiarazioni di nomina”

In caso di risposta positiva, infatti, l’atto dovrebbe essere obbligatoriamente depositato al portale, con evidenti ripercussioni sulle modalità di proposizione – cartacea o a mezzo PEC – dell’atto di impugnazione.

La lettura degli art. 122 e 571 c.p.p. consente anzitutto di escludere che il “mandato” rientri nella categoria della “procura speciale”. 

L’art. 571 c.p.p. prevede infatti che, al di fuori del ricorso in Cassazione, l’imputato possa proporre impugnazione “personalmente” o per il tramite di “procuratore speciale” (art. 571, comma 1, c.p.p.) oppure “per mezzo del difensore” che sia già nominato al momento della decisione o che riceva nuova nomina a tal fine (art. 571, comma 3, c.p.p.).

Nel caso di procura speciale, il difensore esercita quindi, in nome e per conto dell’imputato, un potere che è di quest’ultimo. 

In difetto di procura speciale, il difensore esercita invece una facoltà che gli è propria, ex art. 571, comma 3, c.p.p. 

La ratio della introduzione dell’art. 581 comma 1 quater c.p.p., così come emerge a chiare lettere dalla Relazione illustrativa e dalle prime applicazioni giurisprudenziali, è quella di assicurare con certezza che l’imputato – rimasto assente in giudizio – abbia consapevolezza e volontà di impugnare la sentenza, assicurando così una scelta da lui ponderata.

A differenza della procura speciale, il mandato a impugnare non sembra quindi funzionale all’attribuzione di un potere dell’imputato, ma è prodromico all’esercizio di una facoltà che è propria del difensore, ex art. 571 comma 3 c.p.p., e che non trova infatti ostacoli nel caso in cui il primo abbia partecipato al giudizio.

Ciò induce a ritenere che il mandato a impugnare non debba necessariamente contenere una dichiarazione di nomina del difensore, quantomeno laddove l’atto sia conferito a chi è già tale al momento della decisione.

La formula potrebbe quindi essere: conferisco all’Avv. Tizio, difensore nominato in atti, mandato a impugnare la sentenza…

In assenza di una dichiarazione di nomina in senso stretto, il mandato a impugnare potrà essere quindi depositato allegandolo all’atto di impugnazione proposto con modalità cartacea (o a mezzo PEC).

Diverso è il caso in cui il gravame venga proposto da un nuovo difensore, nel qual caso, la sua dichiarazione di nomina è il presupposto logico e giuridico affinchè possa essergli conferito anche il mandato a impugnare. 

Se la dichiarazione di nomina del nuovo difensore e il mandato a impugnare vengono rilasciati con atto contestuale, l’atto dovrà essere depositato obbligatoriamente al portale, secondo il chiaro tenore dell’art. 3 del D.M. 217 del 2023.

Se il difensore intende quindi proporre il gravame a mezzo PEC o con modalità cartacea, si impone un necessario frazionamento, al fine di scongiurare eccezioni di inammissibilità:

1. deposito della dichiarazione di nomina e del mandato a impugnare sul portale;

2. deposito dell’atto di impugnazione con modalità cartacea o a mezzo PEC, allegando la dichiarazione di nomina e del mandato impugnare in originale, unitamente alla ricevuta di attestazione del primo deposito al portale.

Appare più prudente questa procedura anche nel caso, assai frequente, in cui al difensore già nominato al momento della decisione, non viene semplicemente conferito il mandato a impugnare, come nel caso visto sopra, ma anche “ribadita” la nomina: “dichiaro di nominare l’Avv. Tizio e a questi conferisco mandato a impugnare.

Tale procedura sarebbe ugualmente imposta anche nel caso in cui si ritenesse che il “mandato a impugnare” sia equiparabile, sempre e comunque, a una dichiarazione di nomina, esponendo diversamente l’atto di impugnazione proposto con modalità diverse dal portale, e al quale il primo sia allegato per la prima volta con modalità diverse da quelle obbligatoriamente previste dal D.M. 217 del 2023, al rischio di censura di inammissibilità.

 

10. Il regime di transizione delle esclusività

 

I restanti commi dell’art. 3 prevedono le scadenze temporali decorse le quali entrerà in vigore la disciplina del deposito telematico in via esclusiva, per come disciplinato dall’art. 111 bis c.p.p.

Vengono cioè individuate le date in cui, negli uffici giudiziari che seguono, il portale sarà l’unico strumento consentito:

 

a) dall’1.1.25, negli uffici della procura della Repubblica presso il tribunale, della Procura europea e del tribunale;

b) dal 30.6.25, negli uffici della procura generale presso la corte di appello, della corte di appello, della Procura generale presso la Corte di cassazione e della Corte di cassazione; 

c) dall’1.1.26, negli uffici del Giudice di Pace, della Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, del tribunale per i minorenni e del tribunale di sorveglianza, ai procedimenti in materia di misure di prevenzione ed alle fasi disciplinate dai libri X e XI del codice di procedura penale.

 

In allegato, troverete il file PDF contenente lo schema riepilogativo, con tutte le modalità di deposito degli atti divise per fasi e uffici, e un file PDF contenente questo articolo in formato integrale.


 

[1] Il comma 4 richiama le “disposizioni di cui agli articoli 110, 111, comma 1, 116, comma 3-bis, 125, comma 5, 134, comma 2, 135, comma 2, 162, comma 1, 311, comma 3, 391-octies, comma 3, 419, comma 5, primo periodo, 447, comma 1, primo periodo, 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, 585, comma 4, del codice di procedura penale, nonché le disposizioni di cui l'articolo 154, commi 2, 3 e 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”. 

Il comma 5 richiama “l’art. 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, 111-bis, 111-ter, 122, comma 2-bis, 172, commi 6-bis e 6-ter, 175-bis, 386, comma 1-ter, 483, comma 1-bis, 582, comma 1-bis, del codice di procedura penale, cosi' come introdotte dal presente decreto”. 

[2] Erroneamente indicato come “comma 3” dal comma 8.

[3]Così, il comma 4 dell’art. 87:

4. Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi, nel testo vigente al momento dell'entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni di cui agli articoli…582, comma 1”.